L’artrosi può essere definita un’artropatia cronica complessa rivelatrice di uno squilibrio metabolico.
Tale malattia porta ad una degenerazione della cartilagine, a lesioni proliferative del tessuto osseo adiacente e a lesioni infiammatorie a livello di sinovia.
È una patologia che in veterinaria occupa un posto importante, sia per impatto epidemiologico, sia per complessità di gestione terapeutica.
Su anca, spalla, gomito e ginocchio, converge una serie di fattori genetici, di sviluppo o acquisiti, che innescano un ciclo progressivo di degenerazione articolare, che porta nelle fasi avanzate a pesanti limitazioni funzionali con grave sintomatologia dolorosa e infiammatoria.
Patologie dunque cosiddette plurifattoriali, che raggruppano quadri clinici diversi: instabilità, lassità e incongruenze articolari, responsabili di lussazioni, sublussazioni e displasia.
In condizioni normali la cartilagine è deputata ad assolvere complesse e vitali funzioni, legate sia all’accrescimento scheletrico, sia alla biomeccanica articolare, fungendo da “cerniera” di scorrimento interosseo e da “ammortizzatore idraulico” di tensioni, trazioni e pressioni che su essa si concentrano.
Purtroppo, questo tessuto così indispensabile all’omeostasi dell’articolazione è caratterizzato dall’assenza di vasi e nervi che ne caratterizza l’anatomia e questo fa si che la cartilagine non sia in grado di circoscrivere il danno né tanto meno di avviare un adeguato processo di riparazione.
Tutti fattori che rendono il tessuto cartilagineo particolarmente esposto all’azione lesiva di condizioni, quali instabilità e incongruità articolari, osteocondrosi, traumi che alterano la struttura tessutale e ne determinano la progressiva e irreversibile degenerazione.
Terapie di tipo conservativo o sintomatico sono normalmente utilizzate nella pratica veterinaria, come supporto al trattamento chirurgico e come mezzo per contrastare dolore, infiammazione, e zoppie.
Ciò nonostante tali interventi non hanno alcuna capacità di influenzare la natura progressiva della patologia né di rallentarne l’evoluzione.
La cartilagine ialina non è innervata, il dolore quindi compare in seguito ad alterazioni della capsula, dei legamenti, della sinovia, e della componente muscolare ed ossea.
Ecco dove gli antinfiammatori godono di “successi” terapeutici a breve termine.
La comprensione della fisiopatologia del danno cartilagineo ha contribuito ad aprire un nuovo capitolo nella terapia delle patologie articolari ad andamento degenerativo: la condroprotezione.
Si tratta di un intervento terapeutico mirato a mantenere o ripristinare quei meccanismi intrinseci al tessuto che proteggono la cartilagine dal danno e ne bloccano, o perlomeno ne limitano la progressiva alterazione degenerativa.